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L'opera d Ilario Mutti a Motta di Livenza
Archivio - Aprile 2015
Ilario Mutti "Espansione e Domani"

Recensione di Mariella Foresti
Assessore alla Cultura - Comune di Rezzato

 

Quando Ilario Mutti è stato in Comune a chiedere il patrocinio dell'assessorato per la sua mostra "Donne e cavalli di Ilario" abbiamo concordato un incontro - non si dà il patrocinio ad un'iniziativa senza conoscerla - e lungo due ore fitte, nello studio, mi ha avvicinato al suo lavoro di scultore.

Donne e cavalli e coppie, soprattutto. Una scultura "umanista" la sua, che ha nell'essere umano il fulcro d'interesse e usa la natura - il cavallo - per indicare il maschile.

Per Ilario Mutti femminile e maschile coesistono in tutti noi: non sono confinanti ciascuno in una parte dell'umanità. 
Il femminile -la donna - è la sensibilità, il contatto dolce con l'esistenza, la capacità di accogliere. 
Il maschile - il cavallo ­l'energia vitale riversata verso il fuori, proiettata nello spazio esterno.

L'opera dello scultore ne indaga e studia la relazione. La coppia è vista nella interscambiabilità dei ruoli, nel rifiuto delle separazioni (maschile-femminile, attività-passività) che irrigidiscono lo slancio e amputano la complessità della persona. 
Lo si legge nelle figure che - dal taglio dei capelli, dal profilo del volto - non si dichiarano subito come di uomo o di donna e devono essere osservate più da vicino per sciogliere il dubbio.

Ma ne vale la pena, sembra suggerire l'autore? Non è più ricco, più complesso, quindi più vero pensare che tutti, donne e uomini, siamo protesi e in attesa, capaci di ricevere e dare, in una relazione paritaria, mutevole e interscambiabile?

Nelle sculture come nelle opere di grafica Ilario Mutti mostra un rapporto con il corpo e l'anatomia non inevitabilmente realista, anzi spesso di voluta deformazione. Donne, uomini e cavalli sono ricomposti l'uno con le parti anatomiche dell' altro, a indicare nella metamorfosi sia l'interscambiabilità tra umano e animale - non siamo forse lo stesso noi e gli animali, noi animali? - sia la volontà di andare a ciò che il corpo dice, oltre e contro le parole e gli atteggiamenti del volto. "Il volto, le parole possono fingere. Il corpo vivo in azione no". Anche per questo, dice Ilario, quando sceglie i suoi modelli ha bisogno non di chi posa per mestiere, ma di qualcuno con cui sia entrato in relazione. 

Ascolto e mi sembra di capire: il lavoro di un artista è accogliere dentro di sé l'altro, lasciarsi modificare nella relazione di conoscenza, a propria volta agire sull'altro, interpretarne la forma, trasfigurarla attraverso l'uso creativo della materia. Prendere, capire, accogliere, dare, forzare. I moduli e i ritmi dell' arte sono gli stessi dell' amore, dell' esistenza.

Colpisce nelle sue opere l'attenzione alle mani, "le più difficili da realizzare insieme con i piedi". 
Dedica ad esse molta cura "perché raccontano la persona". Dice di avere sentito in alcuni momenti il bisogno di esprimere motivi di religiosità. Vede la preghiera, più che in un rito  o in un luogo, nei comportamenti quotidiani: è il rispetto dell' altra persona, il racconto interno della tensione dell' opera nel suo farsi, la capacità di ognuno di darsi in base alle sue capacità. La parabola evangelica dei talenti, insomma.

La mostra antologica intende dare conto di un percorso artistico che l'autore stesso individua nel passaggio progressivo da una linea spezzata a un tratto spigoloso a una linea continua e una maggiore morbidezza. È come lo sguardo sulla nostra vita, viene da pensare. Quando ci fermiamo e ne consideriamo insieme i segmenti vediamo la linea che li collega; e non perché col tempo siamo diventati meno rigorosi e più malleabili, ma perché l'elemento di continuità, ce ne rendiamo conto, siamo noi stessi, col nostro continuo porci domande e provare a rispondere, noi che ci sforziamo di dare all' oggi un senso legato a quel che eravamo ieri.

Se il significato del patrocinio comunale sta nel riconoscimento della valenza culturale di una iniziativa per la cittadinanza, a maggior ragione viene dato quando, come in questo caso, si accompagna alla disponibilità dell'artista a incontrare i ragazzi e le ragazze delle nostre scuole per guidarli, attraverso la conoscenza della sua opera, alla comprensione della creazione artistica. Perché l'arte, nei suoi percorsi universali e misteriosi, ha origine da una individualità, ma parla ad ognuno di noi. Non sappiamo da dove viene e perché, ma abbiamo la certezza di averne bisogno.